Come abbiamo già visto, la chiave di violino è un segno convenzionale per dare il nome alle note sul pentagramma. Essa viene utilizzata per spartiti che fanno largo uso delle frequenze più acute, cioè per le note più alte: solitamente dal Do centrale in su.
Il simbolo grafico consiste nella rielaborazione della lettera G (“G” è il sol nella notazione anglosassone) e difatti serve per indicare che il sol è la nota dove essa poggia il suo “ricciolo”: sul secondo rigo. Le altre note si posizionano di conseguenza.

La chiave di violino gode di un ampio uso: tra gli strumenti che presentano gli spartiti in questa chiave vi sono violino, flauto, oboe tutti i clarinetti, tutti i sassofoni, chitarra, mandolino, tromba, corno francese e inglese, cornamusa, xilofono.
In altri strumenti quali il pianoforte e l’arpa (sono quelli con la maggiore estensione sonora) viene utilizzata assieme a quella di basso, con un doppio pentagramma.
Ve ne sono alcuni che invece ne fanno un uso occasionale, riservato cioè alle note molto alte rispetto alla propria estensione sonora: viola, violoncello, contrabbasso, fagotto, trombone.
Infine le voci umane che leggono la propria parte in chiave di violino sono soprano, mezzo soprano, contralto e tenore.

 

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Alberto Moneti
36 anni, polistrumentista: pianoforte, chitarra, batteria, clarinetto. Ha conseguito la licenza in teoria musicale e solfeggio presso il Conservatorio Cherubini di Firenze. Dal 1997 è organista presso la Basilica di Santa Maria del Sasso, a Bibbiena (AR).